[In questo post: The Big Plot]
E se ti trovassi improvvisamente a fare parte di un romanzo? E se ti accorgessi che quella persona con cui hai parlato ieri su Facebook è in realtà uno dei personaggi di una storia che la vostra chat ha aiutato a procedere? E se scoprissi che quel tweet di ieri è in realtà la battuta di un copione scritto ad arte e lasciato lì ad aspettare la tua di battuta, attore inconsapevole di un grande intreccio che ti ha catturato tra le maglie della sua sottile ma resistente rete?
Il grande potere di The Big Plot è quello di portarti a cheidere se la storia che stai navigando sia vera o se sia inventata, e se il caso è il primo, come fare a uscirne. Sì, perché oltre al patto narrativo di bachtiniana memoria che prevede l’abbandono dell’incredulità da parte del lettore e cedere alla fantasia dell’autore per seguirlo dovunque vada, qui si richiede di più: è una vera e propria rinuncia alla salda e sicura distinzione tra reale e digitale per finire intrappolati nella storia stessa. The Big Plot non è qualcosa da “leggere”. Devi caderci dentro e lasciarti coinvolgere dalle vicende, e dico coinvolgere in prima persona, col tuo profilo di Facebook o con i tuoi cinguettii su Twitter, prima di avere almeno una vaga idea di cosa sia.
L’idea di Paolo Cirio che giace dietro a questo progetto è quella di
considerare il web come palcoscenico ideale in cui oggi la maggior parte delle persone inscena la propria esistenza.
(da un’intervista rilasciata a “Fino alla fine del cinema)
Un attimo, meglio chiarire alcune cose: come suggerisce il nome stesso, The Big Plot è il  grande intreccio di una storia incompleta. I quattro personaggi principali infatti sono il frutto delle vicende che hanno affrontato e delle relazioni che li legano, ma i loro destini sono ignoti persino all’autore stesso. Pur essendoci una sorta di regista a tenere le fila che come motore immobile lancia l’input primario che accende la macchina narrativa, ognuno di essi ha un suo account Twitter, una sua Gmail, un suo profilo Facebook con cui si può interagire per davvero. E tu, che finora avevi sofferto per non poter dare consigli a Madame Bovary su come non cadere nell’ennesimo inganno amoroso e per non poter consolare Anna Karenina e magari evitare che si buttasse sotto al treno, ora hai l’occasione di riscattare l’immobilità da lettore cui eri stato condannato per cinquecento anni di storia della letteratura, e dunque della stampa.
La narrazione cross-mediale e la diretta parentela con la Recombinant Fiction fanno di quest’opera un eccezionale esempio di come la narrativa possa sfruttare i mezzi digitali a disposizione per riconsiderare l’idea stessa di testo, finora indissolubilmente legata al formato penna/inchiostro. The Big Plot fa esplodere la trama fuori dalla letteratura, dentro il web, per rimbalzare nei singoli schermi che la accolgono e che diventano interfacce comunicative, interattive, partecipative e narrative su cui la storia vive e si nutre di chi la legge e dunque la fa.
La prima impressione che ho avuto aprendo la home di The Big Plot è stata: sarà vero? Studio letteratura da diversi anni ma mai mi era successo di entrare dentro le parole e le situazioni così, quasi potendole toccare. Il genere spy-story cui The Big Plot si avvicina si presta particolarmente a questo tipo di interazione, ma trovo l’uso dei social network come veicoli del racconto assolutamente sbalorditivo.
Molte possono essere le riflessioni ulteriori che si potrebbero fare, molte delle quali sono incluse nell’intervista che ho citato anche sopra. Le tralascio però perché credo sia indispensabile prima di tutto lasciarsi catturare dal Big Plot, e sperimentare cosa si prova a vedere accendersi le luci e scoprire di essere in uno splendido palcoscenico la cui quarta parete è tanto labile ed eterea da non poter essere né vista né abbattuta, ma solo attraversata e vissuta.
Non ne capisco molto di queste cose (e lo sai), ma “un corpo fa corpo”. E questo credo sia il punto.
Mettere le pedine su una piattaforma con tanta credibilità da persona ‘vera’ quanta ne possono ancora avere i millemila account fake Silvio Berlusconi e con la possibilità di stare in interfaccia, è al contempo un entrare dentro la storia e un uscirne, traboccando, energicamente, in altre…
“Corpo [corps] suona come “fuori” [hors] e come “forte” [fort].”
(Nancy, da “Strani corpi stranieri”)
Esatto. E’ proprio questo il punto: muovere le pedine per giocare, ma giocare sul serio e con qualcosa di serio. O che forse viene preso troppo sul serio. Un po’ come quando da bambina ti infili le scarpe coi tacchi di tua mamma: così, per giocare, anche se poi piano piano realizzerai che possono trasformarsi in strumenti di seduzione, scomode ma eleganti torture da indossare, croce e delizia di ogni vestito “buono”. Eppure, in quel tuo gioco infantile, sveli la più pura verità : che le scarpe, dopotutto, sono fatte per essere esibite con frivolezza e sbruffonaggine.