“Always the beautiful answer who asks a more beautiful question”

[In questo post: my sweet old etcetera ]

Lingua creativa e comunicativa. Nel retro della mente capisci cosa vuole dire, ti arriva chiaro il messaggio, anche se i canali attraverso cui passa non sono la grammatica e la sintassi. Leggere Cummings significa rinunciare a cercare segnali linguisticamente logici e fidarsi di quello che ti dice, soprattutto di come te lo dice. Cosa te ne importa se per lui il contrario di “ourselves” è “mostpeople”, se dopo la virgola non batte uno spazio, se i punti a volte vanno a capo insieme alla lettera maiuscola che li segue

. E’ difficile leggere Cummings perché facciamo fatica ad abbandonarci alle parole per come sono e ad apprezzarle per il puro piacere estetico-tipografico che invocano. La tecnica dell’abbandono, del lasciarsi scuotere dal vento della lingua anziché resistergli fermamente cercando di contrastarlo (“Canne al vento”, cara Grazia), richiede molto più impegno di quanto uno immagini. Non è ovviamente possibile evitare il naturale e umano bisogno di capire e decifrare la vita, ma come ho detto da qualche altra parte, quello che conta è farsi le domande giuste, anche se poi le risposte non è detto seguano immediatamente. E farsi domande è un’arte. E siccome l’arte ricerca il bello, sia esso nelle forme perfette dei gelidi marmi antichi o nella pura creatività del postmoderno non meglio identificato (e identificabile), direi che quello che conta sono le belle domande. E in cambio avremo per certo delle belle risposte, anche se dovessero solo essere un’eco roboante ed eccentrica dal punto esatto in cui il pallino  del punto interrogativo  ha agitato la superficie dell’acqua fino alle sponde lontane del lago del mio pensiero fisso.

Grazie e.e. Cummings (il titolo del post è tratto da lui).

“my sweet old etcetera” è una delle sue poesie più famose. Contenuta nella raccolta “is 5″ del 1926, costituisce un chiaro esempio dello stile di Cummings: due coppie di parentesi e tre virgole è tutta la punteggiatura che distribuisce nel testo. E due lettere maiuscole. 94 parole in tutto con cui dipingere l’immagine delle sue amate donne, cioè la madre, la zia lucy e la sorella isabel (rispetto la sua tipografia), mentre lui è via, in guerra. Guidava le ambulanze prima di essere sospettato di spionaggio e internato nel campo di La Ferté-Marcé, in Normandia. Una volta rilasciato grazie ad una lettera che il padre inviò al presidente Wilson, fu trasferito in Massachusetts, per poi trasferirsi a Parigi, città di cui era follemente innamorato, e a New York etc etc

Si sposò diverse volte etc etc figli una, Nancy. Molto legato ai genitori etc etc

Etcetera, come il ritornello che si ripete nella poesia. Un ritornello che oltre che dare ritmo ai versi, oltre che dare l’impressione di sospendere il discorso per lasciarlo all’immaginazione del lettore, diventa anche un mezzo per scandire graficamente etc etc

Perché spesso non c’è bisogno di fare l’elenco di tutto, di spiegare tutto per filo e per segno. “Etcetera” suggerisce di sospendere per un attimo l’impellenza di avere tutto descritto dettagliatamente, di sollevarci dalla preoccupazione di voler sentirsi spiegare tutto, perché tutto è già qui, basta aprirli e abbandonarsi e seguire le parole anche se sembrano non avere senso, per permettere loro di stamparsi nel retro della mente e proiettare davanti ai nostri occhi  i sorrisi e i gesti e i visi accennati qua e là.

La versione di “my sweet old etcetera” di Alison Clifford rende secondo me giustizia alla leggerezza verbale dell’etcetera etcetera perché gioca con le parole e la punteggiatura, trasforma le parentesi in un bocciolo da cui spunta il tronco di un albero fatto di parole, da cui escono rami, da cui si dipartono foglie. E siamo noi, click dopo click, a dipingere un quadro surreale usando come pennelli e tavolozza le poesie di Cummings, appunto.

E mano a mano che si toccano i rami e si fanno volare le foglie si aggiunge un dettaglio, una collina, il cielo rosso, le nuvole, gli asterischi come fiori, il cielo rosso etcetera etcetera…

Ah, dimenticavo:

my sweet old etcetera
aunt lucy during the recent

war could and what
is more did tell you just
what everybody was fighting

for,
my sister

Isabel created hundreds
(and
hundreds)of socks not to
mention fleaproof earwarmers
etcetera wristers etcetera, my
mother hoped that

i would die etcetera
bravely of course my father used
to become hoarse talking about how it was
a privilege and if only he
could meanwhile my

self etcetera lay quietly
in the deep mud et

cetera
(dreaming,
et
cetera, of
Your smile
eyes knees and of your Etcetera)

(http://www.poemhunter.com/poem/my-sweet-old-etcetera/)

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