Quel giorno, quel 13 aprile, rimarrà nella mia memoria per tanti motivi, ma specialmente per uno: quel 13 aprile si è materializzata la profezia che avevo elaborato ma in cui non volevo credere. Una tesi sulla letteratura elettronica che ovviamente hai intenzione di presentare al computer. “Il computer non funzionerà , lo so.” Ma cosa dici, tutte suggestioni.
E invece: niente. Zero connessione internet, nessun tecnico nei paraggi che potesse dare una mano, nessuno e niente di niente che potesse salvare la situazione se non un po’ di sana sfacciataggine e di salutare parlantina. E disegnare e far vedere con le parole quello che dovrebbe essere fatto di bit e 0/1. Una beffa del destino? Forse.
Forse era un modo per mettermi alla prova, e dimostrare che anche se la tecnologia aiuta e può essere una risorsa eccezionale, qualche volta decide di incepparsi, e a quel punto non c’è altro da fare che ricorrere alle risorse primarie del nostro essere umani. Aprire la bocca.
Forse, piuttosto, era solo sfortuna. Quella tenera sfortuna che non è proprio sfortuna, è un piccolo ostacolo che ti si para davanti per darti un po’ fastidio e per far sì che tu lo chiami sfortuna, giusto per dare la colpa a qualcuno che non sia la tua ansia che non ti ha fatto controllare per tempo se tutto fosse apposto, o la tua fretta di uscire di casa che non ti ha fatto prendere il tuo computer. O forse era lì per marcare quel giorno in maniera indelebile. Così per sempre ti ricorderai di quando ti sei laureata, con una tesi sulla letteratura elettronica, e il computer, di tutta risposta, non funzionava.
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